LASCIARE LIBERO IL PAESAGGIO
a cura di Franco Sortini.
Il titolo di questa mostra nasce dalla distorsione ad hoc della più conosciuta scritta “Lasciare libero il passaggio”, che significa rendere accessibile un percorso o un’area, eliminando ostacoli che potrebbero impedire o limitare la libertà di transito a persone e veicoli.
A ben riflettere, il paesaggio che ci circonda pretende da decenni questa libertà.
Snaturato, deturpato, oltremodo sfruttato ed abbrutito – sia esso naturale o urbano – il paesaggio vive da tempo metamorfosi causate dall’uomo, più che dalle trasformazioni naturali, che pure influiscono sulla fisionomia degli spazi aperti.
Il lavoro degli artisti proposti, che la PIMAC ha accolto con particolare entusiasmo ed interesse, riflette proprio su questi aspetti, sprovincializzando la visione, estendendo lo sguardo oltre i confini nazionali ed europei, mostrandoci una situazione globale in cui molti luoghi finiscono per somigliarsi, per via di una misteriosa solidarietà al silenzio, alla mutilazione ed all’irrimediabilità.
Ma ciò che più affascina – ed è qui la grande differenza tra l’approccio della cronaca di denuncia ed il potere trasfigurante dell’Arte (di cui la fotografia è parte integrante da tempo) – è come i sei artisti in mostra abbiano saputo raccontare un’inedita forma di bellezza.
Le tinte neutre, il silenzio degli sguardi aperti, l’ampia campitura dei vuoti, la purezza metafisica delle architetture, gli ingannevoli artifici delle metropoli, il rapporto sempre difficile tra natura ed antropizzazione, disegnano un paesaggio nuovo, che solo grazie a questa meta-lettura diventa finalmente libero, insegnando a considerare l’intervallo come spazio pieno, e ciò che è scomparso o che manca come vivida presenza.
Ma fanno anche di più; innescano, per esempio, processi di visione poetici, che sottraggono quegli stessi luoghi alla definizione che ne diede Marc Augé di ‘luoghi atopici’ o ‘non luoghi’: posti da cui si parte o in cui si arriva, senza alcuna possibilità di restare.
Invece, forse, nei paesaggi di queste fotografie si può ancora vivere e restare, disegnando orizzonti immaginifici e dinamiche impensate di convivenza; ritrovando, ovunque lo sguardo si posi – oltre a dolorosi interrogativi sempre orfani di risposte – quegli archetipi che solo l’arte sa rievocare e reinterpretare, generando nuove forme di appartenenza.
Eliana Petrizzi
Direttore artistico PIMAC